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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Voti

Il voto del redattore

  • voto
  • 4/5
  • valutazione
  • Poetico e struggente affresco sull'incommensurabile distanza che separa "essenza" ed "esistenza"
  •  
 
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Il voto dei lettori

  • voto medio
  • 1/5
  • numero votanti
  • Questo film è stato votato da 91 lettori
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Info

I segreti di Brokeback Mountain

di Ang Lee

 
    Dati
  • Titolo originale: Brokeback Mountain
  • Soggetto: E. Annie Proulx
  • Sceneggiatura: Larry McMurtry, Diana Ossana
  • Genere: Drammatico - Western
  • Durata: 134 min.
     
  • Nazionalità: U.S.A.
  • Anno: 2005
  • Produzione: Focus Features, Good Machine, Paramount Pictures e altri
  • Distribuzione: BIM
  • Data di uscita: 20 01 2006
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

Naturale, impossibile

di Nicola Tedeschi

"Ci tengo a dirti che non sono frocio".
"Neanche io lo sono".

Precede questo breve dialogo un abbraccio forte, quasi violento, espressione piena e indiscutibile di una fisicità giovane e rigogliosa, e un bacio appassionato e intenso tra due giovani uomini, poco più che ventenni, soli esseri umani nel raggio di chilometri, al centro di una valle incontaminata, ricoperta di foreste e pascoli sterminati.
Eppure in sala, una sala stracolma, nessuno ride, qualcosa blocca sul nascere ogni accenno al sarcasmo o alla facile ironia, nonostante il film sia iniziato da pochi minuti.
Evidentemente qualcosa è già accaduto, qualcosa di poco evidente ma chiaramente percettibile, la sensazione che un meccanismo di significato si sia innescato sin dalla prima inquadratura - un minuscolo agglomerato di case in un punto qualunque del Midwest americano - che una concatenazione semantica si sia messa all'opera prima che lo spettatore potesse intuirne, anche solo in minima parte, il senso.
La percezione di una sospensione carica di significato si rafforza quando compaiono i protagonisti: qualcosa di profondo e ancestrale brilla negli occhi dei due, irrimediabilmente malinconici quelli di Jack Twist (Jake Gyllenhaal), più dolci e trasognati quelli di Ennis Del Mar (Heath Ledger). In entrambi come un'ombra, presagio di infelicità, una strana mansuetudine, come a significare un senso di impossibilità indefinibile eppure già fatalmente reale, la profezia di una scommessa con la vita perduta in partenza, perché la vita gioca con carte truccate.
L'incommensurabile baratro tra essenza ed esistenza si apre così sin dall'inizio, anche se solo presagito, anche se appare ancora come una piccola trascurabile fessura in esistenze appena sbocciate e ancora tutte da definire, in un orizzonte di possibilità che sembra illimitato e promettente.
Due biografie anonime e comuni, due traiettorie di vita come tante che il caso fa incrociare e fonde in modo progressivo e indissolubile in un'unica corrente tumultuosa, che scorre a valle abbattendo o aggirando ogni ostacolo naturale, simile a quella dei torrenti di montagna del Wyoming, dove la storia ha inizio.
Quando Joe Aguirre, un dispotico e scontroso proprietario terriero, affida a Ennis e Jack il compito di condurre in altura e sorvegliare un gregge di pecore per la stagione estiva in una valle ai piedi della Brokeback Mountain, i due non sospettano minimamente che le loro giovani esistenze, sino ad allora sospese in un limbo di totale indeterminatezza, siano destinate a mutare per sempre, e che quella semplice occasione di lavoro, che accettano spinti dal mero bisogno, sia destinata a segnare in modo decisivo il corso della loro vita.
Rudezza, diffidenza, sfida, conoscenza, apertura all'Altro, dialogo e tacita intesa: le tappe obbligate dell'amicizia virile, un "tòpos" così spesso raccontato dalla letteratura e dal cinema, vengono tratteggiate con pochi esemplari momenti di convivenza, lavoro, riposo, sottolineati da un montaggio dinamico e immagini di una natura dominante e selvaggia, metafora di forze antiche e ingovernabili, presenti anche all'interno di menti e cuori, e pronte a manifestarsi in tutta la loro concretezza.
Oltrepassare un "punto di non ritorno" è un'esperienza dura e riservata a pochi, anche perché gravida di conseguenze che non è agevole sostenere. Ma si tratta di un'esperienza che quasi sempre assume in sé i crismi della "necessità", ha i tratti definitivi e assoluti di ciò che è inevitabile e spazza via ogni contingenza, e il concetto di scelta ad essa connesso.
La passione tra Ennis e Jack è di quelle che non conoscono scelta: travolgente e totale, si alimenta dell'attrazione fisica e della passione reciproca ma trascende ampiamente entrambe, per porsi su un piano non soltanto esistenziale - la scelta di uno stile di vita ed il bisogno di condividerlo - ma finanche marcatamente ontologico, andando a toccare l'essenza stessa delle due personalità e le affinità caratteriali e affettive che ne discendono.
In questa totale compenetrazione e simbiosi tra anime naturalmente "gemelle" sta il nocciolo duro e il significato più autentico della vicenda, il vettore di intensità che guida e orienta azioni e stati d'animo e alla luce del quale ogni interpretazione assume la sua validità e la sua ragion d'essere.
Abbandonare Brokeback Mountain alla fine dell'estate rappresenta in quest'ottica una duplice separazione: significa dividersi fisicamente ma anche lasciare l'elemento naturale e l'habitat più congeniale a entrambi, e rinunciare quindi forzosamente ad esplicare pienamente la propria essenza: la "civiltà" e la vita quotidiana si fondano su altre regole, esigono comportamenti difformi, parlano linguaggi sconosciuti, pena esclusione e disagio.  
La parte centrale del film segue in parallelo le vicende dei due personaggi e la loro progressiva "caduta": il matrimonio, la nascita dei figli, il tentativo impossibile di costruire un'esistenza socialmente accettabile, in apparenza "normale", in realtà sempre più fonte di sofferenza e alienazione.
Le reazioni dei due sono differenti nella forma ma del tutto analoghe nel loro significato più profondo. Jack riesce a mantenere una parvenza di armonia per il proprio matrimonio con una ricca texana mentre in realtà il suo distacco da Ennis è vissuto come una lacerazione insopportabile - vero e proprio "strappo nell'Essere" - che lo conduce a sublimarne l'assenza con la ricerca di un'omosessualità mercenaria, clandestina e pericolosa, oltre il confine messicano.  
Ennis, costretto al divorzio dalla moglie che viene a comprendere ben presto la vera natura della sua relazione con Jack, peraltro goffamente dissimulata, sprofonda sempre più in una spirale di marginalità e mera sopravvivenza, costellata da relazioni eterosessuali poco convinte e destinate a naufragare ben presto e da uno struggimento carico di rimpianto e malinconia.
Solo nello sporadico incontro, reso difficoltoso dalla distanza fisica che li separa e dalle pastoie di una quotidianità percepita come squallida e deprimente finzione, Jack ed Ennis ritrovano se stessi e recuperano, sia pure per qualche breve istante, lo spirito e le sensazioni vitali, proprie dei tempi della Brokeback Mountain, che assurge sempre più al ruolo di vera e propria "arcadia perduta", terra semi-mitologica, vagheggiata e sognata con l'intensità e la ferocia con cui si ricorda la sola vera felicità di una vita.
Sforzo vano e destinato al fallimento, laddove una felicità ricordata è forse ancor più dolorosa del conseguimento di un oblio definitivo e assoluto, perchè rende il presente meno sopportabile e mantiene aperta e sanguinante ogni ferita.
Per questo ogni nuovo incontro tra i due assume in sé l'ambivalenza insanabile tra ciò che avrebbe potuto essere e ciò che è stato, tra la possibilità irrealizzata di una vera vita in comune - cui Jack, in particolare, non smette di pensare con disperazione - e l'impietosa realtà di una relazione sporadica e discontinua, del tutto inadeguata alla profondità e alle necessità del sentimento sottostante.
È del tutto superfluo evidenziare che la forza maggiore del film di Ang Lee, al di là della maestria nelle immagini e dell'intrinseca qualità della sceneggiatura, centrata su due caratteri convincenti e ben equilibrati, sta nella sua valenza semantica, che trascende completamente gli angusti ambiti di una vicenda personale o, peggio, di una banale relazione omosessuale, per illuminare alcuni "universali" riconoscibili nell'ambito dell'esistenza di ognuno e di tutti. 
Nel suo commento al film Ang Lee chiarisce splendidamente il suo punto di vista sulle ragioni che lo hanno spinto alla sua realizzazione:

"Perché Brokeback Mountain? Perché credo che ognuno abbia una Brokeback Mountain nel cuore. È il luogo segreto cui vogliamo far ritorno o il traguardo che continuiamo a cercare senza risultato. È l'illusione per eccellenza, ma anche la ragione di vita per definizione: il sogno di una connessione totale e onesta con un'altra persona".

Da questo punto di vista, che non esitiamo a definire "filosofico" nel senso più profondo del termine, scaturisce un film intenso e sorprendente, in cui gli eterni conflitti antinomici tra "essere" e "dover essere", "natura" e "civiltà", "istinto" e "raziocinio", vengono dispiegati con una capacità narrativa e con un'intensità emozionale raramente riscontrabili nelle pellicole degli ultimi anni.
Mentre mi accingo a concludere queste righe apprendo dell'attribuzione del Leone d'Oro a Brokeback Mountain.
Reduce da Venezia, dove ho visto tutti i film in concorso, non posso che rallegrarmi per la scelta della Giuria, più lungimirante di gran parte dei giornalisti presenti, e non faccio mistero di considerare questo riconoscimento ampiamente meritato.

 
 
 
 
 
 
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