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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Locandina
 
 
 
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Trama

La vita sfaccendata della star di Hollywood Johnny Marco che ad un certo punto della sua inutile vita si accorge di avere una figlia e ha anche la fortuna di andare in Italia dove ha la super fortuna di stare sullo stesso palco (dei telegatti!!!!) con la Ventura e la Marini. 

 
 
 
 
 
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Voti

Il voto del redattore

  • voto
  • 2/5
  • valutazione
  • Il vuoto assoluto è senz'altro una scelta formale precisa ma alla fine è anche l'unica sensazione che provo uscendo dal cinema.
  •  
 
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Il voto dei lettori

  • voto medio
  • 0.5/5
  • numero votanti
  • Questo film è stato votato da 1 lettore
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Info

Somewhere

di Sofia Coppola

 
    Dati
  • Titolo originale: Somewhere
  • Soggetto: Sofia Coppola
  • Sceneggiatura: Sofia Coppola
  • Genere: Drammatico - Sentimentale
  • Durata: 98 min.
     
  • Nazionalità: USA
  • Anno: 2010
  • Produzione: American Zoetrope
  • Distribuzione: Medusa
  • Data di uscita: 03 09 2010
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

Solitudini sovrapposte

di Luisa Beretta

La sala cinematografica è la solita: piccola, accogliente e affidabile. Ha sempre offerto prime visioni di qualità e, dopo la pausa estiva, ho una gran voglia di concedermi un bel film! Quale scelta migliore del Leone d'Oro che il festival di Venezia ha appena sfornato? Detto, fatto,  sono seduta sulla poltrona centrale della terza fila ad aspettare l'inizio di Somewhere di Sofia Coppola.

Una Ferrari nera gira a vuoto su una pista sabbiosa per un tempo che pare infinito. Così come gira a vuoto la vita di Johnny Marco (Stephen Dorff), giovane star hollywoodiana a cui successo, soldi e potere non bastano per trovare radici e stare in piedi. Il suo corpo ingessato (lettera e metafora coincidono in questo caso) sembra aver perso alcune delle funzioni fondamentali, tra cui la parola. La sua bocca è in grado di produrre solo aria, piena di fumo o imbevuta di alcool. Un corpo dalla vita indigesta, che la Coppola ci mostra strisciare dal letto e dal divano dell'albergo dove vive, al sedile della sua Ferrari, in una reiterazione di gesti e situazioni identiche a se stesse: la doppia scena delle escort gemelle che ballano in sincrono negli spazi ristretti della sua camera da letto esprime tutta la noia, l'inutilità, il fastidio di queste "carni senza corpo" a cui siamo (in Italia forse più che altrove) tristemente abituati.

Questa non-vita di lusso viene scompigliata da un soffio di vento, l'equilibrio precario e (paradossalmente) monotono è sconvolto dall'intrusione della figlia adolescente dell'attore. Una nuova routine ha inizio e solo allora, quando la macchina da presa ci mostra in primissimo piano le mani delicate della ragazzina undicenne tagliare e sminuzzare l'erba cipollina che decora gli hamburger da lei stessa preparati per la colazione del padre e dell'amico, ritroviamo corpi capaci di entrare in contatto con il mondo, di mettersi in relazione anche semplicemente attraverso piccoli gesti di cura e attenzione per l'altro.

Sono solitudini che si incrociano quelle di Johnny e della figlia Cleo (Elle Fanning). Il rapporto padre-figlia viene riscoperto nella sua banalità: nasce un colloquio fatto di piccole complicità quotidiane, sguardi che si parlano senza dire nulla di interessante, piacere di stare insieme senza fare nulla di eccezionale. L'isolamento si è incrinato e i sentimenti continuano a scavare dentro il padre anche quando la figlia lo lascia per il suo campo estivo. Così, nelle ultime scene, Johnny ritrova una (minima?) capacità di scelta e di azione nella realtà: la Ferrari nera viene abbandonata sul ciglio di una strada extraurbana mentre il protagonista si allontana a piedi. La sua resurrezione (forse) comincia da qui. Sofia Coppola ha vinto il Leone d'Oro tra mille polemiche, non posso giudicare la vittoria non avendo visto gli altri film in concorso. Consiglio Somewhereper la sua capacità di raccontare attraverso la grammatica delle immagini, delle parole e dei suoni. Questa volta però Sofia mi ha delusa: manca una storia forte (come ne Il giardino delle vergini suicide) o un personaggio carismatico (che sia la faccia di Bill Murray in Lost in Translation o la Maria Antoniettapop). La mediocrità delle vite descritte sembra più paura di osare, le cose succedono e nessuno reagisce, la scena finale non può essere sufficiente, darling!

 
 
 
 
 
 
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Commenti
 

I lettori hanno scritto 1 commento

 
 
Sara Troilo
Sara Troilo
  • indirizzo IP 95.244.131.250
  • data e ora Domenica 21 Novembre 2010 [20:39]
  • commento Lu, molto più bella la recensione del film!!! La Coppola si conferma incapace di giocare con gli stereotipi tanto da risultare più razzista che sagace come già era emerso in Lost in translation.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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