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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Voti

Il voto del redattore

  • voto
  • 2.5/5
  • valutazione
  • Film abbastanza ostico ed elaborato, va comunque visto (non più di una volta però...)
  •  
 
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Il voto dei lettori

  • voto medio
  • 3.8/5
  • numero votanti
  • Questo film è stato votato da 4 lettori
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Info

L'ombra del potere

di Robert De Niro

 
    Dati
  • Titolo originale: The good shepherd
  • Soggetto: Eric Roth
  • Sceneggiatura: Eric Roth
  • Genere: Azione - Animazione
  • Durata: 167 min.
     
  • Nazionalità: USA
  • Anno: 2007
  • Produzione: Universal Pictures, Tribeca Productions, Morgan Creek Productions, American Zoetrope
  • Distribuzione: Medusa
  • Data di uscita: 00 00 0000
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

Robert De Niro

di Emanuel Perico

L'attesa è stata lunga e Robert de Niro pare proprio che abbia ponderato a lungo le proprie scelte. A tredici anni suonati da Bronx arriva con quest'opera gigantesca e monumentale, forse troppo grande per essere compresa a pieno ed in maniera adeguata. Si parte dal 1939 per arrivare ai primi anni sessanta, all'epoca della disfatta della Baia dei Porci, con la Guerra Fredda a fare da sottofondo. È in questo periodo che vedrà la luce la più importante agenzia investigativa americana, la CIA (o per dirla con le parole del film :"CIA, senza l'articolo…tu metteresti l'articolo davanti a DIO?"). Antesignano di questa organizzazione è un giovane americano dallo spiccato senso patriottico, Edward Wilson (Matt Damon), che ai tempi dell'università di Yale viene accettato da una società segreta pseudo-massonica chiamata Skull&Bones (alla quale, si vocifera, prese parte anche Gorge Bush Sr e una serie di altri personaggi più o meno noti…) e poi viene reclutato nelle fila dell' OSS (Office of Strategic Services) dove farà presto carriera, stando al servizio di persone spesso spietate e senza scrupoli a cui venderà l'anima, trascurando amici, affetti e famiglia in nome del lavoro. È armato di un solido senso del dovere, Edward, e lo si capisce subito quando dopo una scappatella finita male, ingravida la bella e provocante Clover (Angelina Jolie) che dovrà sposare per convenienza, abbandonando così Laura, ragazza sordomuta di cui era realmente innamorato. Molto convincente la prova di Matt Damon nei panni dell'agente segreto, aiutato dalla sua proverbiale faccia di bronzo che qui lo favorisce non poco, dando al personaggio il giusto piglio imperscrutabile e algido di chi non deve chiedere mai niente a nessuno ma che soprattutto nessuno riuscirà mai a capire nulla di lui. Angelina Jolie (dimagrita oltre misura) nel ruolo della moglie trascurata gli tiene testa, anche se un po' costretta ad una recitazione dimessa.
Utilizzando lo stampino di C'era un avolta in America, il caro vecchio Bob de Niro imbastisce una vicenda molto intricata, ordita con flashback e flashforward che ci fanno viaggiare avanti e indietro nella vita di Edward Wilson tra Europa, USA e Congo, ma che contribuiscono oltremodo a rendere lo sviluppo narrativo un po' troppo macchinoso. Se calcoliamo poi la lunghezza di quasi tre ore e la totale assenza di scene d'azione, possiamo arrivare a capire il perché ad un certo punto la noia tenderà a dilagarea macchia d'olio.

The Good shepherd non è certamente un film da dopopranzo natalizio, quindi i pregi vanno cercati oltre l'effetto speciale o il colpo di scena spiazzante. Cominciamo dalla regia: precisa e impeccabile, forse un po' troppo leziosa e chirurgica, ma è quello che ci si aspetta da un De Niro abbastanza ispirato. Bravo a non esporre troppo le sue opinioni in merito (o sarebbe stato meglio il contrario?..), mette al fuoco parecchia carne, mischiando verità presunte a immagini di repertorioin modo sufficiente a ricordarci che il confine tra realtà e romanzo talvolta è veramente impalpabile.


Qui gli dà una mano lo scrittore Eric Roth, che ha portato tante belle storie sul grande schermo (The insider, Ali, Munich, ma anche Forrest Gump) e che in questo caso non è da meno, visto che ha dovuto concentrare poco più di vent'anni di storia americana in meno di centottanta minuti.

Degna di menzione è la scenografia, per la quale The good shepherd ha ottenuto addirittura la nomination agli scorsi Oscar, che insieme alla fotografia di Robert Richardson (Kill Bill, The Aviator, Nato il 4 luglio, per citarne alcuni) crea la giusta ambientazione alla vicenda con toni cupi e profondi, nelle cui ombre sembrano celarsi mille interrogativi. Ovviamente quello a cui si assiste non è un documentario sulla CIA, perciò c'è bisogno di un narratore ed il fil rouge della vicenda è proprio il buon pastore Edward Wilson, che attraverso la sua strana indole, si fa specchio inerte della situazione geo-socio-politica di quegli anni, con il tentativo di risolvere il caso di una strana soffiata che sarebbe stata alla base del fallimento dell'invasione di Cuba da parte degli Stati Uniti. Per tutta la durata del film è il sospetto a tenere banco: non capiamo chi siano i buoni  o i cattivi e

le parole dette sono sempre ascoltate da qualcuno che non dovrebbe sentirle.

A tal proposito, la figura di Laura (Tammy Blanchard), la ragazza audiolesa che per prima si innamora di Edward, è metafora della purezza e dell'integrità: non potendo ascoltare rimane così al di fuori di trame oscure e orditi pericolosi, tranne poi venire coinvolta di nuovo nella vita ormai corrotta del suo ex fidanzato e in un affare al di fuori della sua portata. Ovviamente il cast stellare va ad aggiungere pregio e valore alla pellicola: già abbiamo apprezzato la recitazione "intimista" di Matt Demon, ma pure il resto della crew non è da meno. John Turturro, Timothy Hutton, William Hurt, Alec Baldwin, Joe Pesci e lo stesso De Niro che si ritaglia il "piccolo" ruolo del Generale Bill Sullivan, uno dei membri fondatori della CIA, non deludono.

Forse ai malati di cospirazioni e intrighi internazionali potrà sorgere il dubbio che nel film di De Niro vi sia qualche analogia o riferimento che lega l'episodio della Baia dei Porci ai recenti fatti dell'11 settembre, poichè in entrambi casi la CIA è stata in qualche modo tirata in causa per non aver seguito determinate procedure. Ma queste sono congetture che lasciano il tempo che trovano. Ciò che rimane è la considerazione che tredici anni tra un film e l'altro ci sembrano francamente troppi, e De Niro non è certo Terrence Mallick…

 
 
 
 
 
 
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