Elsa (
Margherita Buy) e Michele (
Antonio Albanese) sono felicemente sposati ed hanno una figlia (
Alba Caterina Rohrwacher) bella e solare. Hanno un tenore di vita ottimo, e vivono in una grande

e naturalmente bella casa di Genova. In questo tranquillo e felice quadro familiare il regista inserisce, però, gli accadimenti della vita: la figlia che è fidanzata con un ragazzo che non piace molto ai genitori e, soprattutto, la precarietà dei giorni nostri che colpisce anche le persone adulte e apparentemente "arrivate", e non soltanto i giovani. Michele perde il prestigioso lavoro e l'autore non si sofferma nei dettagli del motivo, nè analizza le modalità. Inserisce questo dato nel film come un fatto sul quale spende pochi fotogrammi: solo l'arrivo di un socio cinico e senza scrupoli che estromette dall'azienda il buono ed onesto Michele.
Come spesso nei film di Soldini (Pane e Tulipani, Agata e la tempesta, ecc.) c'è movimento inteso come spo
stamento dei protagonisti da una parte l'altra della città, o da una città all'altra o ancora, come in questo caso, verso una casa più modesta. I due protagonisti, inizialmente, sono stravolti anche per la perdita di prestigio sociale. Pur essendo persone colte ed emancipate, si vergognano di parlare del loro problema con gli amici, persino con la figlia. Poi Elsa reagisce, si rimbocca le maniche e affronta la quotidianità come le donne, in genere, sanno fare. Si adatta a un lavoro non qualificante, lascia il restauro d'arte che seguiva per passione e trova un ulteriore lavoro serale. Michele invece, come gli uomini in genere fanno, si deprime e vive il disagio della perdita di lavoro come una colpa. Perde sicurezza e stima di sè, ha attacchi di panico, combina qualche pasticcio, pur essendo sempre stato una persona affidabile e per bene. Questa, in buona sostanza, la trama del film.
Bravi gli attori. Tutti. I protagonisti (Buy, Albanese), di comprovata esperienza ed entrambi avvezzi ad interpretare ruoli drammatici e fortemente emotivi, offrono una interpretazione
degna delle aspettative. L'autore, con la consueta bravura, riesce benissimo a spiegare i disagi e le emozioni dei protagonisti. Traduce con maestria una crisi esistenziale, e la difficoltà del vivere quotidiano che ne consegue, in un film scorrevole e piacevole nonostante la storia drammatica, arricchito con dialoghi profondi e toccanti, ma a volte anche ironici, con punte addirittura di comicità. Nonostante il grave problema economico che colpisce la famiglia, dopo vicissitudini e, naturalmente, litigi, l'autore fa ritrovare la coppia che sembra dire che non sono il denaro, il lavoro, l'esteriorità ciò che nella vita dà sostegno e sicurezza, ma l'amore e l'intesa spirituale tra le persone. E nonostante questo messaggio finale, Giorni e nuvole non è mai un film noioso, scontato o sdolcinato. E', piuttosto, un film che si occupa di filosofia, un film che fa pensare ad una riflessione di Silvio Soldini sui valori esistenziali dei giorni nostri ispirandosi al dilemma umano del vivere coltivando "l'essere" cioè l'interiorità, o l'"avere" cioè il possesso, la proprietà delle cose. Un messaggio, insomma, sulla contemporanea difficoltà di identificarsi e riconoscersi in tutto ciò che si è e non in ciò che si ha.