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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Voti

Il voto del redattore

  • voto
  • 3/5
  • valutazione
  • Un esordio con luci e ombre ma che rivela insospettato mestiere.
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Il voto dei lettori

  • voto medio
  • 3.7/5
  • numero votanti
  • Questo film è stato votato da 27 lettori
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Info

A love song for Bobby Long

di Shainee Gabel

 
    Dati
  • Titolo originale: A love song for Bobby Long
  • Soggetto: Ronald Everett Capps
  • Sceneggiatura: Shainee Gabel
  • Genere: Drammatico - Sentimentale
  • Durata: 119 min.
     
  • Nazionalità: U.S.A.
  • Anno: 2004
  • Produzione: El Camino Pictures, Stratus Film Co.
  • Distribuzione: Lucky Red
  • Data di uscita: 00 00 0000
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

Spiacevole sensazione

di Nicola Tedeschi


[Film visto a Venezia dal nostro inviato. Uscita nelle sale prevista: 8/10/2004]


Esordire alla regia dirigendo John Travolta "il leggendario" e Scarlett Johansson "la star del momento" è un sogno riservato a pochi. Curare in proprio anche la sceneggiatura è impresa rischiosa. Ispirarsi, sia pur molto liberamente, a un racconto pressoché sconosciuto di uno scrittore altrettanto anonimo ("Off Magazine Street" di Ronald Everett Capps), un testo in definitiva di cui nessuno conosce il reale valore, può apparire un azzardo impossibile e degno di un vero temerario.

È facile intuire perché la mia curiosità di cinefilo e di "animale letterario" sia diventata quasi morbosa quando sono venuto a sapere che il primo film della scrittrice e cineasta Shainee Gabel assommava in sé tutte queste peculiarità. Anche perché le considerazioni di cui sopra hanno generato in me interrogativi contrastanti e dilemmi del tutto aporetici.

Ad esempio: va concessa all'esordiente una certa indulgenza per eventuali ingenuità e difetti in fase di regia? In linea di principio sì, ma questa qui si può permettere due attori di primissimo piano e si sente per giunta così sicura da scrivere lo screenplay da sola. Quindi, severità massima, come se ci fosse Kubrick in persona dietro la macchina da presa. Mi sono sentito un poco antipatico, lo confesso, ma anche legittimato ad esserlo. 

Forse ho esagerato in questo, e mi sono autosuggestionato: fatto sta che ho annusato sentore di stereotipo sin dalle prime scene, una strana e maligna sensazione di "deja vu" si è insinuata inesorabile nella mia testa, tracce mnestiche di antiche letture sono emerse nitide in quella parte della mia mente preposta alla gestione dei (tanti) ricordi letterari. Il temibile campanello del sospetto ha trillato distintamente sin dalla messa a fuoco dei caratteri.

E al tempo stesso, complice l'indubbia fruibilità del film, ho avvertito nitidamente che due ore dopo avrei litigato con più di un amico fuori della sala. I fatti ? Eccoli.

Purslaine Hominy Will (una splendida Scarlett Johansson in versione "acqua e sapone", viso di porcellana come l'azzeccato nome del suo personaggio), una giovane teenager nevrotica e ribelle che vive in un luogo imprecisato e marginale della Florida con un fidanzato "alternativo", viene a sapere della morte della madre, che non vede da anni: parte subito per New Orleans, ma un montaggio "sincronico" ci informa che giungerà a funerale avvenuto. Recatasi nella casa materna, che immagina abbandonata, scopre con stupore che è abitata da due strani personaggi, che convivono in una curiosa e inesplicabile simbiosi, caratterizzata però con tutta evidenza da due comuni denominatori: l'alcool e la letteratura.             

Il più anziano è Bobby Long (un invecchiato John Travolta dalla cinerea chioma), ex brillante professore di letteratura in declino, che quando non dorme si trascina faticosamente da una stanza all'altra avvolto da un logoro accappatoio, i riflessi rallentati da una sbornia semi-permanente, l'eloquio lento, compassato e infarcito di pause, la spiccata tendenza ad esibire sguardi perplessi e catatonici. Ma soprattutto la incoercibile pulsione ad esprimersi per dotte citazioni letterarie, attingendo ad un bagaglio culturale che ci piace immaginare vasto e articolato.

L'altro polo di questa strana diade è Lawson Pines (Gabriel Macht, bello e tormentato quanto basta), già suo primo discepolo e assistente universitario, ora suo amico e biografo: Lawson è impegnato da anni nella stesura di un romanzo-tributo alla figura di Bobby Long, anche se l'ispirazione pare da tempo latitare e la crisi creativa che lo attanaglia viene affrontata unicamente con grandi bevute di gin di pessima qualità.

Il tema dello scrittore rinchiuso in un "cul-de-sac" dall'assenza di ispirazione, colto da un impasse ideativo senza sbocco, è così logoro e abusato da non risultare particolarmente accattivante; quanto al rapporto tra alcolismo e creatività, si tratta di un tòpos così radicato nella storia della letteratura e nel campo della creazione artistica in generale, da apparire poco degno di ulteriore esegesi.

Ma proseguiamo: l'arrivo della giovane Purslaine nella vecchia casa materna, che del resto legalmente le appartiene, e la decisione di trattenervisi a tempo indeterminato, equivale a una vera e propria deflagrazione nella collaudata routine dei due uomini: sposta sottili equilibri nel loro rapporto interpersonale, innesca dinamiche nuove dagli esiti incerti tra loro e la ragazza. La sua presenza diviene ben presto il motore immobile della vita all'interno della casa: il suo fare irriverente e battagliero e il sottile inconsapevole erotismo proprio della giovinezza divengono ben presto potenti strumenti maieutici, che estraggono dall'interiorità dei personaggi coinvolti nuove strategie comportamentali e portano alla luce dimensioni esistenziali precedentemente relegate sullo sfondo o volutamente occultate da anni.      

Lo sviluppo della convivenza di questo strano triangolo permette all'autrice di sviluppare progressivamente la tavolozza dei caratteri, con particolare riferimento alla figura di Bobby Long: stimato professore, spirito libero, solitario per scelta più che per vocazione, dominato da molti anni da un profondo senso di colpa per un triste episodio accaduto alcuni anni prima, portatore forse inconsapevole di un segreto, che vive in lui sotto forma di inquietante e inconfessato presentimento.

Col tempo Purslaine viene a conoscere alcune verità sulla defunta madre: cantante country di buona fama,  bruciatasi in fretta in un vitalismo spinto e in un'esistenza all'insegna degli eccessi; molto amata dagli uomini del posto per ragioni non soltanto artistiche.

La giovane viene progressivamente "adottata" dalla comunità locale, anche perché la sua straordinaria somiglianza con la madre non passa inosservata: grazie a ricordi e testimonianze di amici, fans e (forse) amanti di un tempo ella ricompone un quadro perspicuo della vita di lei e arriva a riconoscere che alcune sue fantasie di bambina, che credeva del tutto inventate, sono in realtà precisi ricordi d'infanzia.

La attende una sorpresa finale sconcertante che cambierà il corso della sua esistenza in maniera definitiva.

Una pellicola intrinsecamente "letteraria", che mantiene una struttura narrativa più romanzesca e discorsiva che strettamente filmica: emerge su tutto una visione fatalista e predeterminata dei destini individuali, che paiono sfuggire alla coscienza dei singoli per riacquistare un senso e un finalismo soltanto da una visione a posteriori.

Ma la conservazione nella sceneggiatura di una dimensione fortemente legata ad un approccio scritturale è evidente nella forte presenza di altri temi tipici della tradizione narrativa americana: l'abulia esistenziale di stampo carveriano di Bobby e Lawson, che cela sofferenze rimosse o semplicemente accantonate; un rapporto ambivalente di attrazione-repulsione di matrice quasi edipica tra allievo e maestro; il nichilismo caratteristico della persona di cultura, che scorge con lucidità la vanità dell'esistenza e ostenta il cinismo proprio dell'idealista deluso.

Infine, come già sottolineato, la precisa volontà, suggestiva e di facile presa, di far parlare i protagonisti attraverso un uso intenso e ricorrente di "quotation" attinte da scrittori e poeti della tradizione anglosassone.

Piace maggiormente in questo film il ritratto delicato e suggestivo della provincia americana del Sud, quella lontana e dimenticata delle "strade blu", con i suoi ritmi di vita blandi e dilatati, in cui tutto viene compiuto con lentezza, anche l'atto di fumare una sigaretta.

Ma è troppo poco per riscattare un finale piuttosto scontato, e non privo di una disturbante leziosità, ed altre ingenuità presenti nella sceneggiatura, tra cui le risibili lezioni di letteratura che i due impartiscono a Purslaine e un'improbabile declamazione finale da parte di Bobby di un noto verso dei "Four Quartets" di T.S. Eliot.

Volete una conclusione? È un film piacevole e ben interpretato, John è convincente, Scarlett è bellissima, il giovane e bello scrittore non sfigura; come è già accaduto a Venezia il pubblico non mancherà di dare il suo convinto supporto. La colonna sonora è accuratamente scelta e ricca di brani della tradizione country-folk americana, e restano alcune belle immagini da ricordare della vita lungo il grande fiume.

Ma si tratta in fondo di un film conservatore, che difende valori consolidati e non ci lascia senza prima avere dato l'impressione che "tutto è tornato a posto".

Sono uscito nella luce calante del Lido senza provare una vera delusione ma con la spiacevole sensazione che qualcuno piuttosto furbo, ancorché non privo di talento, abbia tentato di irretirmi con qualche vecchio trucco.

 
 
 
 
 
 
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Commenti
 

I lettori hanno scritto 7 commenti

 
 
utente
jo
  • commento Tutto vero, ma ci ha dato un po' di respiro. Non c'era sesso, non c'erano troppe parole vlgari, non c'era violenza. La vita è gia tanto dura, perché continuare a flaggellarsi?
 
 
 
 
 
utente
nuvola
  • commento il recensore era prevenuto prima di vedere il film; e si vede.
 
 
 
 
 
utente
Sara
  • commento ognuno va al cinema con alcune aspettative, sta al film modificarle, deluderle o confermarle. Io qui ci vedo un giudizio, non un pregiudizio.
 
 
 
 
 
utente
jakepo
  • indirizzo IP 62.94.1.162
  • data e ora Lunedì 27 Marzo 2006 [21:39]
  • commento perchè cercare qualche cosa di complicato, perchè? la colonna sonora è semplicemente capolavoro! ormai si è abituati a cose complicate che poi alla fine sono nulle. bella jacopo
 
 
 
 
 
utente
scudo
  • indirizzo IP 194.184.63.5
  • data e ora Martedì 11 Aprile 2006 [9:03]
  • commento Mi tocca l' eccessiva severita' e l'autocompiacimento un po' narciso della recensione per un film in fin dei conti coraggioso e ben interpretato, una tantum fuori dagli stereotipi del mito americano.
 
 
 
 
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