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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Locandina
 
 
 
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Trama

Storia vera di un'importante operazione segreta, ovvero come gli Stati Uniti riempironodi armi l'Afghanistan per fermare l'avanzata dei Russi.

 
 
 
 
 
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Voti

Il voto del redattore

  • voto
  • 3.5/5
  • valutazione
  • Divrtente commedia che offre una lettura della guerra odierna in Afghanistan. Poco credibile la bontà del deputato. Ottima prestazione di Hoffman.
  •  
 
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Il voto dei lettori

  • voto medio
  • 2/5
  • numero votanti
  • Questo film è stato votato da 1 lettore
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Info

La guerra di Charlie Wilson

di Mike Nichols

 
    Dati
  • Titolo originale: Charlie Wilson's War
  • Soggetto: Tratto dal romanzo "Charlie Wilson's War: The Extraordinary Story of the Largest Covert Operation in History" di George Crile
  • Sceneggiatura: Aaron Sorkin
  • Genere: Drammatico - Spionaggio
  • Durata: 97 min.
     
  • Nazionalità: U.S.A.
  • Anno: 2007
  • Produzione: Good Time Charlie Productions, Universal Pictures, Playtone, Participant Productions, Relativity Media
  • Distribuzione: UIP
  • Data di uscita: 08 02 2008
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

La guerra di Babbo Natale

di Sara Troilo

Charlie Wilson è un deputato del Texas piacione e scanzonato che ama circondarsi di donne avvenenti sul lavoro e nella vita: il suo ufficio è pieno zeppo di ragazze scollacciate e capellone e le decisioni più importanti le prende in camera da letto. Un personaggio che pare tagliato su misura per Tom Hanks anche perchè incarna i valori americani (nel senso di statunitensi), primo fra tutti l'odio verso i comunisti. Siamo infatti nei primi anni '80, i russi sparano sull'Afghanistan, passano con gli elicotteri e sparano a qualasiasi cosa si muova, senza tanto stare lì a guardare, mentre gli afgani, ovviamente, non possono che subire quest'offensiva, non avendo armi adeguate per rispondere al fuoco. Ed ecco che il deputato Wilson viene a conoscenza di questo scenario e decide di intervenire facendo lobby e chiedendo al governo statunitense finanziamenti sempre più stellari, arrivando al milardo di dollari. Una donna lo convince dell'importanza strategica di questa mossa, per l'appunto portandoselo a letto, questa donna è Joanne Herring (Julia Roberts), una delle persone più ricche di tutto il Texas e fervente, nonché biondissima, anticomunista. Da questo randez-vous ne seguono altri che permettono a Charlie di costruirsi un'idea sempre più precisa della situazione in Afghanistan, fino all'incontro con il capo di Stato del Pakistan che lo invita a visitare i campi profughi che sono stati allestiti per gli afgani. La miseria di quel posto frantuma definitivamente ogni dubbio in Charlie che torna in patria convinto più che mai a farsi concedere i finanziamenti per armare la resistenza afgana.


Ebbene sì, Charlie Wilson va dove lo porta il cuore, questo ci dicono il romanzo di George Crile e la sceneggiatura (molto bella per altro) di Aaron Sorkin. Da qui a crederci però, ce ne passa. Bombardati metaforicamente dai racconti che giungono dall'Afghanistan di oggi e che sono giunti dall'Iraq e prima ancora da altri paesi che sono stati bombardati letteralmente dagli USA, di certo non ci metteremo a credere a questo babbo natale texano che dona armi anti-elicotteri all'Afghanistan dopo aver visto i campi profughi. Persino in una commedia questa chiave di lettura non regge! Inoltre il personaggio di Charlie Wilson è sì mosso dall'anticomunismo, ma è anche un donnaiolo dedito all'alcool e alla cocaina, ma questo non fa desistere né il congresso dal finanziargli i fondi, né la CIA dal farne un eroe. La grande ipocrisia americana che vuole gli uomini politici dotati di moglie e di altissimi valori morali (in questo identica alla grande ipocrisia nostrana) qui è come se non esistesse, viene bypassata alla grandissima. Durante il film, poi, questo crederci fermamente di Charlie non fa che crescere, egli è un uomo completamente dedito alla causa, mai miope e incapace di fermarsi di fronte agli ostacoli anche nel caso in cui questi siano incarnati dal dover mettere d'accordo il punto di vista israeliano e quello arabo. Non a caso il film si apre e si chiude con il conferimento al deputato Wilson di un riconoscimento per la causa anticomunista.


L'importanza di mettere in scena ora questo romanzo e questo pezzo di storia emerge fin dall'inizio: dotare gli afgani di armi sovietiche comprate da Israele per battere i russi e poi mollarli lì, col paese distrutto e armati fino ai denti, non è stata proprio una grande idea, quanto piuttosto un'evidente autorete. Proprio per questo dal punto in cui si fermano le operazioni segrete e i politici, cioè dal crollo dei russi, Charlie Wilson vorrebbe partire per mettere gli afgani nelle condizioni di ricostrursi popolo e stato. La scelta di fornire questa chiave di lettura storica all'attuale guerra in Afghanistan è abbastanza coraggiosa, ma il paravento iper-americano (sempre nel senso di statunitense) di Hanks-Wilson resta comunque poco credibile. Come assolutamente ridicolo è il massimo esperto di armi della CIA giovanissimo e impegnato in una partita a scacchi con quattro diversi avversari e non perchè in una commedia la macchietta sia fuori luogo, anzi, solo per l'usura di certi topoi divenuti indigesti solo per il numero di opere che li hanno messi in scena.


Nonostante questo scivolone macroscopico del politico di buon cuore, questo La guerra di Charlie Wilson è un buon film, sorretto da ottime battute e da un sempre più strepitoso Philip Seymour Hoffman nei panni di uomo della CIA, Gust Avrakotos: addetto alle operazioni super segrete senza averne minimamente il physique du role, cinico, disincantato e con un senso pratico molto affascinante. I dialoghi tra Charlie e Gust sono i momenti più belli di tutto il film: pungenti, veloci, sempre misurati eppure sfavillanti. Bravo Hoffman a non nascondere del tutto Hanks che non sempre gli sta dietro; non a caso una delle battute fondamentali del film, la storiella zen, è affidata a Gust (il personaggio di Hoffman), scelta quanto mai azzeccata per salvare in parte l'opera dalla solita deriva didascalica cui tendono, e in cui spesso si impantanano, i film made in USA.

 
 
 
 
 
 
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Commenti
 

I lettori hanno scritto 1 commento

 
 
Dudoski
Dudoski
  • indirizzo IP 213.140.11.139
  • data e ora Lunedì 18 Febbraio 2008 [22:16]
  • commento L'ottimo e frizzante personaggio di Hoffman non riesce a farmi dimenticare la propaganda e nemmeno a farmi piacere più di tanto il film. Geopoliticamente, poi, Syriana è lontano anni luce...
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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