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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Locandina
 
 
 
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Trama

Alieni precipitano sulla terra dove seminano il panico senza volerlo: loro vogliono infatti solo tornare a casa(come E.T.).

 
 
 
 
 
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Voti

Il voto del redattore

  • voto
  • 4/5
  • valutazione
  • Fantascienza ed etica.
  •  
 
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Il voto dei lettori

  • voto medio
  • 4.7/5
  • numero votanti
  • Questo film è stato votato da 2 lettori
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Info

District 9

di Neill Blomkamp

 
    Dati
  • Titolo originale: District 9
  • Soggetto: Neill Blomkamp, Terri Tatchell
  • Sceneggiatura: Neill Blomkamp, Terri Tatchell
  • Genere: Drammatico - Sci-fi
  • Durata: 112 min.
     
  • Nazionalità: USA
  • Anno: 2009
  • Produzione: Key Creatives, QED International, WingNut Films, Wintergreen Productions
  • Distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia
  • Data di uscita: 25 09 2009
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

Centri di permanenza temporanea per alieni

di Sara Troilo

Nel 1982 in Sud Africa, più precisamente sopra Johannesburg, arriva e si ferma un'enorme astronave aliena. Dopo alcune settimane di attesa il governo sudafricano decide di inviare alcuni veivoli dentro l'astronave: lì i militari trovano  esseri denutriti e sporchi e li deportano nel distretto nove del titolo dove rimangono per vent'anni, vivendo emarginati in regime di apartheid, ghiotti di cibo scadente per gatti, con tutto il portato di rivolta sociale che questa pesante situazione porta con sé. 20 anni dopo è ambientato il film, che inizia con il video-racconto di un impiegato della MNU (Multi-National United), Wikus Van De Merwe (Sharlto Copley), capo della squadra che ha il compito di sfrattare gli alieni dal District 9 e condurli in un nuovo campo di detenzione.


Sin dall'inizio si capisce che District 9 ha molto da dire: la scelta di posizionare un'astronave sopra Johannesburg è di grande impatto e colloca il film nell'ambito dell'inedito, dove finisce per trovarsi quasi da solo nel panorama cinematografico attuale. L'astronave incombe sulla città, un memento gigantesco che gli umani si ostinano a ignorare, come nella miglior tradizione umana. Il titolo richiama quel district 6 di Cape Town tristemente famoso poiché lì vennero deportati 60.000 abitanti durante l'apartheid: la Storia è l'entroterra del film, altro enorme monito che gli umani di norma ignorano. Continuando a compiere gli stessi sbagli.


Il protagonista Wikus Van De Merwe è un oppressore che, messo a stretto contatto con gli alieni (i "gamberoni", come vengono chiamati dagli umani), lentamente muta e non solo a livello ideologico. La prima parte del film è bellissima, incalza lo spettatore sbalzandolo da una ripresa a mano effettuata con la telecamera dell'MNU ad uno spezzone di telegiornale, per chi ama le riprese alla "dogma" che vivono di sola macchina a mano, è uno spasso. Io ho sofferto un po', diciamo che è meglio vederlo a stomaco vuoto, non tanto per le immagini rappresentate - piuttosto crude -, quanto per il modo di riprenderle. La storia regge fino a una ventina di minuti dalla fine quando comincia a virare sul sentimentale-manicheo, ma chissà che in tempi di recessione economica, con i cittadini dei Paesi occidentali che si bevono la storia per cui è lo straniero che ruba il lavoro, non sia utile anche il piccolo E.T. spezzacuori che, per essere onesti, è anche uno dei pochissimi bambini simpatici mai visti al cinema.


Il regista sudafricano Neill Blomkamp (classe 1979), qui al suo primo lungometraggio, ha una lunga storia di direzione di spot pubblicitari, ma si fa conoscere con i tre corti ambientati nel videogioco Halo; con il secondo, Halo: Combat vince nel 2008 la Palma d'oro per il miglior cortometraggio. Nelle interviste Blomkamp palesa la propria volontà di fornire agli spettatori lo spunto per riflettere sul tema del razzismo che tocca tutto il mondo, ma che in Sudafrica è ancora un nervo scoperto: operazione superflua dal momento che gli intenti sono chiarissimi. Altro argomento scottante è quello dell'informazione che sempre più si va connotando come velina di regime, le immagini dei telegiornali mostrano una realtà ricostruita dalle multinazionali in accordo con il governo. La MNU si occupa di gestire il trasferimento degli alieni per potere avere ancora maggiore agio nello studiare questi esseri di un altro pianeta e le armi che si sono portati con sé. La crudeltà con cui vengono effettuati esperimenti di vivisezione sui "gamberoni" apre un altro scenario e cioè quello dell'etica che viene messa a tacere di fronte agli interessi economici. District 9 mette in scena l'umanità per quella che è: disumana. Le atrocità della storia e del cosiddetto progresso, spacciate come inevitabili e accettate come tali dagli esseri non pensanti, sono smascherate attraverso il processo di "inevitabile empatia" che vive il protagonista.


District 9 è un gran bel film di fantascienza, un fiore all'occhiello del genere e una partenza con il botto per Blomkamp sul quale riponiamo grandi speranze per i lavori futuri.

 
 
 
 
 
 
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Commenti
 

I lettori hanno scritto 10 commenti

 
 
Chiara Orlandi
Chiara Orlandi
  • indirizzo IP 93.51.241.89
  • data e ora Lunedì 11 Gennaio 2010 [19:57]
  • commento ciao Luigi, di quali incertezze parli?
 
 
 
 
 
Luigi Faragalli
Luigi Faragalli
  • indirizzo IP 151.65.220.3
  • data e ora Martedì 23 Marzo 2010 [0:46]
  • commento Ciao Chiara, beh, ho trovato un po' vaghe e superflue le tentate spiegazioni sull'incapacità di ripartire da parte dei gamberoni.
 
 
 
 
 
Luigi Faragalli
Luigi Faragalli
  • indirizzo IP 151.65.220.3
  • data e ora Martedì 23 Marzo 2010 [0:53]
  • commento Non era vero che tutti i loro leader erano morti (il tizio in grado di riparare e pilotare il modulo di comando era ancora in vita).
 
 
 
 
 
Luigi Faragalli
Luigi Faragalli
  • indirizzo IP 151.65.220.3
  • data e ora Martedì 23 Marzo 2010 [0:55]
  • commento Molti di loro poi erano perfettamente in grado di usare e riparare la propria tecnologia (vedi il traffico di armi).
 
 
 
 
 
Luigi Faragalli
Luigi Faragalli
  • indirizzo IP 151.65.220.3
  • data e ora Martedì 23 Marzo 2010 [0:57]
  • commento Insomma il loro degrado a subcultura da slum, seppur cardine della tesi narrativa, a tratti appare leggermente forzato.
 
 
 
 
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