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Speciale del 24 02 2003

 
 
 
 
 
 
 
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Speciale

La carne e il metallo: Il cinema di Tsukamoto Shinya

di Sara Troilo

Torino, Cinema Massimo 21-24 febbraio 2003

 

Presentazione di A Snake of June, Alberto Barbera, Dario Tomasi, Tsukamoto Shinya.

Sono le 20.30 di venerdì 21 e la gente riempie la sala del Massimo all'inverosimile, arrivata con un buon anticipo e, nonostante ciò, costretta a sedersi per terra non si lamenta  e all'arrivo di Tsukamoto Shinya applaude e poi tace, che niente disturbi l'intervista introdotta  da Alberto Barbera e condotta da Dario Tomasi. 

E Tsukamoto arriva con il solito aplomb, vestito di nero e con un sorrisetto che tira fuori ogni tanto mentre risponde, sempre ironico, alle domande di Tomasi, al suo fianco l'interprete, una signora che non deve avere molta dimestichezza con il cinema cyber-punk. Si inizia, dunque, con una domanda su Tetsuo che è a buon diritto considerato il manifesto del cyber-punk e citato in tutti i testi che trattano l'argomento, Tsukamoto risponde che in realtà la sua intenzione era quella di girare un porno e che per farlo si era chiesto come avrebbe potuto rendere ancora più erotico il corpo umano, il corpo è morbido e descriverlo come duro l'avrebbe reso più erotico, inoltre il clima in cui Tetsuo nasce è imbevuto di cultura cyber-punk e il film ne ha semplicemente risentito. Tomasi allora gli chiede com'è nato, 4 anni dopo, Tetsuo II e il regista risponde che allora l'intenzione era quella di fare un horror, ma si è fatto prendere la mano dalla fantascienza e ha mantenuto lo stesso titolo solo perché gli piaceva molto; in quel caso il tema era quello del corpo che si scontra e che vive nella metropoli, Tokyo è una città cresciuta moltissimo e rapidamente e l'uomo in questa realtà spesso ha la sensazione di esserne schiacciato, anche qui il corpo umano è centrale e a fargli da contraltare non c'è più l'erotismo, ma la città opprimente. La domanda successiva verte su Tokyo Fist film in cui torna di prepotenza il corpo, ma in modo differente. Tsukamoto dice di avere preso lo spunto dal fratello boxeur, Tokyo è una città molto controllata, ma esistono posti dove i crimini restano impuniti, durante un incontro di boxe si possono infatti uccidere gli uomini, la carne umana è martoriata e il dolore ci rende coscienti di possedere un corpo, il tema torna di nuovo, ma sotto un'altra prospettiva (quella che poi segnerà profondamente la sua cinematografia successiva, n.d.r.); Tomasi continua chiedendogli il motivo dell'esiguo numero di film e la risposta è un'orgogliosa difesa della libertà e della più completa autonomia di autore a tutto tondo, il regista giapponese infatti cura la regia, il montaggio, la fotografia… si occupa di tutto personalmente e ciò rallenta la realizzazione dei film. A questo punto arriva la domanda che mette seriamente in imbarazzo Tsukamoto Shinya: "Chi è Tsukamoto attore?", il regista sta in silenzio per un paio di minuti, cerca di minimizzare dicendo che semplicemente gli piace recitare, poi vince l'imbarazzo e spiega che alle elementari era molto timido, ma in quarta l'hanno fatto esibire su un palcoscenico e gli è piaciuto talmente che non ha più smesso, la recitazione è un ottimo strumento di conoscenza di sé perché mette in gioco fattori molto delicati e così ha continuato. L'intervistatore coglie la palla la balzo e cavalca l'onda del personale chiedendogli come possa un uomo dalla sguardo tanto mite girare film tanto cruenti e l'uomo dallo sguardo mite risponde che spesso si è trovato davanti a giornalisti che conoscevano solo la sua opera e non lui e erano convinti che avrebbero avuto a che fare con un personaggio con i capelli dritti in piedi e le catene ovunque; in realtà ogni individuo dovrebbe cercare un proprio equilibrio, un mite possiede un aspetto violento, il suo in particolare esce quando beve molto sakè, scherza l'autore.

Tomasi torna sul professionale e gli chiede di confermare o smentire la notizia secondo cui girerà in USA un nuovo Tetsuo, ma non otterrà né conferme né altro, il regista dice che dieci anni fa si parlava di una realizzazione insieme a Tarantino di cui poi non si è fatto nulla, l'intenzione resta, ma di sicuro non sarà il suo prossimo film e di certo non lo farà su commissione perché Tetsuo è una sua creazione a cui tiene molto e non vuole snaturarlo avendo a che fare con troppi partecipanti.

A questo punto l'autore viene invitato a presentare il suo nuovo lavoro A Snake of June che uscirà nelle sale (finalmente!) a marzo, questa la sua (breve ed essenziale) presentazione: a Snake of June pensa da 15 anni, ogni volta a giugno desidera realizzare un film che parli dell'erotismo di questa stagione (una stagione di piogge). Questa volta c'è solo il corpo umano, è un'opera semplice, un film di arrivo e nello stesso tempo un film di partenza. Seguono le solite domande del pubblico sull'influenza dei manga (sì) e di Cronenberg e Lynch (decisamente), qualche minuto di applausi e Tsukamoto lascia la sala davanti al suo nuovo film.

 

A Snake of June

(Rokugatsu no hebi,Giappone,2002)

Regia, sceneggiatura, fotografia, montaggio, scenografia: Shinya Tsukamoto
Musiche: Chu Ishikawa
Prodotto da: Shinya Tsukamoto
Durata: 77'

INTERPRETI
Asuka Kurosawa (Rinko)
Yuji Koutari (Shigehiko)
Shinya Tsukamoto (Iguchi)

Questa è un'opera seducente, attraente, bella, curata, perfetta, non vi aspettate niente di meno o resterete delusi. Un bianco e nero virato al blu, la pioggia che scende incessante, la storia di Rinko, Iguchi e Shigehico procede entro questo contesto e con una grande comprimaria: la fotografia che dà inizio al tutto e che a tutto dà senso. Rinko è un'operatrice telefonica che lavora per una società di supporto psicologico, salva la vita a Iguchi, fotografo, ed è sposata con Shigehico che la trascura impegnando tutto il proprio tempo in una frenetica pulizia della casa. Iguchi decide di sdebitarsi con la donna portandola a prendere atto dei propri desideri e della frustrazione a cui la vita repressa la costringe e lo fa mostrandole come è veramente attraverso una serie di foto che la ritraggono durante l'orgasmo. In un percorso di scoperta del sé che coincide con quello parallelo di liberazione e di guarigione, Tsukamoto riprende quel discorso sui canali di comunicazione del nostro corpo (dolore, malattia) aperto con Tokyo Fist e mette letteralmente a fuoco come la via della conoscenza sia quella della salvezza e passi per la completa accettazione; il discorso da patologico diventa via via amoroso e lo sguardo dell'autore lo asseconda pienamente, noi viviamo un crescendo di fiducia, di consapevolezza del sé e dell'altro, immagini che fanno da specchio a una realtà interiore studiata nei dettagli e sempre in qualche modo morbida ci portano a perderci nei meandri della mente presi per mano da un'ottima guida, il corpo. Un film che assurge al ruolo di classico per la tecnica di ripresa e che nello stesso tempo è del tutto deflagrante rispetto a qualsiasi tradizione, a partire dalla lumaca che a tratti appare a tutto schermo per finire con la presa di posizione netta su una patologia piuttosto diffusa. Punto di arrivo e punto di partenza, dice l'autore, non desideriamo di meglio.

 

Tra il 21 e il 24 febbraio è stata proiettata la retrospettiva completa del regista, qui di seguito brevi considerazioni su alcune sue opere.

 

MOSTRI DI GRANDEZZA NATURALE

(Futsu saizu no kaijin, Giappone 1986, 18', col.)

Il corto che contiene in sé tutti i germi di Tetsuo apre la retrospettiva dedicata a Tsukamoto Shinya, dunque sesso, alienazione, suggestioni manga e carne e metallo. Un piccolo film di culto, nel modo più assoluto.

LE AVVENTURE DI DENCHU KOZO

(Denchu kozo no boken, Giappone 1987, 45',col.)

Uno strepitoso mediometraggio manga con protagonista un ragazzo che ha sulla schiena un palo elettrico, motivo di frustrazione e complessi che poi diventa il segno dell'uomo che ha il potere, la forza e il dovere morale (quello vero) di salvare il mondo. Visionario, eccessivo, ironico, questo film è un capolavoro che contiene tutte le tematiche del primo cinema di Tsukamoto e le mostra senza lesinare lasciando gli spettatori a miagolare felici davanti a ogni singolo fotogramma. Le immagini di quest'opera sui generis scorrono sul televisore nelle prime scene di Tetsuo.







TETSUO

(Giappone 1989, 67', b/n)

Ed eccolo il manifesto del cyber-punk, un Kafka giapponese che narra di un uomo che una mattina vede sul proprio viso una protuberanza di acciaio e con lo scorrere del tempo subisce una metamorfosi che lo trasformerà in creatura di carne e metallo (fallo rotante compreso) fino al trionfo finale (molto poco kafkiano). Questo film ha mandato in delirio più di una generazione e, nonostante le difficoltà incontrate all'inizio, Tsukamoto ha infatti raccontato che durante le prime proiezioni la gente se ne andava senza nemmeno salutarlo, rimane a tutt'oggi uno dei film più rappresentativi del Nuovo Cinema Giapponese.

 





TETSUO II: THE BODY HAMMER

(Giappone 1991, 83', col.)

Palazzi giganteschi e sette di fanatici che vogliono conquistare il mondo sono lo scenario; dal sacrificio di un bambino nasce la furia del padre che manifesterà la propria rabbia trasformandosi in una macchina da guerra esso stesso. Se guardando Tetsuo avete ringraziato un qualche Dio per il fatto che fosse in b/n, fate un po' di training autogeno prima di affrontare questo film che pur non essendone il seguito, abbonda di dettagli macabri e trasuda sangue. I manga regnano sovrani anche questa volta.

 





GEMINI

(Soseiji, Giappone 1999, 84', col.)

Inusuale collocazione nei primi anni del '900 in zone rurali del Giappone per questa vicenda di gemelli separati che si ritrovano senza esserne proprio felici, permangono l'atmosfera pesante e i corpi che si modificano, ma il segno narrativo è inedito per la produzione di Tsukamoto, il registro di riferimento si sposta dai manga alla tradizione giapponese e i temi trattati, la disparità sociale innanzitutto, determinano il delinearsi di un percorso che conduce alla narrazione. Bellissime le musiche e grandi gli interpreti, purtroppo questo film dopo essere stato proiettato al Lido non è mai stato distribuito.

 
 
 
 
 
 
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