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Intervista

Speciale del 20 03 2007

 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Speciale

Filippo Timi e Saverio Costanzo parlano di fede e libertà

di Alice Trippolini

Filippo Timi è puntuale. L'aula magna dell'Università per Stranieri di Perugia è quasi piena. Il tema dell'incontro è il nuovo film di Saverio Costanzo, In memoria di me. Dopo le polemiche sui contenuti e i commenti del responsabile della sala stampa del Vaticano, padre Lombardi, qui a Perugia, per l'uscita del film, si è pensato di organizzare un dibattito. A confrontarsi su fede, ragione, cinema e libertà saranno uno degli attori protagonisti, Filippo Timi, il regista e una teologa, suor Roberta Vinerba. Saverio Costanzo è in ritardo, quindi la teologa e Timi iniziano a parlare del film senza di lui.
"Nel film io sono Zanna, l'alter ego di Andrea, il protagonista - spiega Filippo Timi -. Andrea e Zanna sono le due facce della ricerca spirituale di Dio. Andrea scopre di essere perfetto per la vita in monastero, Zanna scopre che la cosa giusta da fare per lui è andarsene. Zanna è puro anche se cerca Dio con le dita sporche di fango. In questo il personaggio mi somiglia. Io sono andato in parrocchia ogni sabato pomeriggio e domenica mattina fino ai 17 anni. Ero quello che faceva le domande scomode, come Zanna. Non ho mai sopportato l'ipocrisia".
 Zanna, insomma, è il 'novizio ribelle', quello che mette in discussione l'istituzione, le regole e le vie indicate dalla Chiesa.
"Nell'istituzione ci sono ipocrisie che io non riesco a tollerare e questo si sposa con Zanna. Anche io, come lui, credo che la vera ricerca è quella di se stessi: la parte sacra è quella in cui tu arrivi ad accettare chi sei". Quanto alla recitazione, molto contenuta, Timi spiega che è stato lo stesso Costanzo a dare indicazioni a tutti gli attori. "Saverio ci ha chiesto di non esprimere tanto, ma di sentire tanto - continua -. Ho sentito opinioni contrastanti in merito. Alcuni si sono emozionati proprio perché gli attori si tenevano molto, altri avrebbero voluto più calore e maggiore espressività".
Timi spiega anche quanto sia stato surreale girare a Venezia in piena estate, uscendo solo di sera "con tutti quei turisti, in maggioranza americani, ubriachi". Dopo qualche battuta, anche la teologa prende la parola. Il film le è piaciuto molto. "Questo film è stato un cazzotto sullo stomaco - dice - almeno per me. Onesto e preciso nei dialoghi, molto rigoroso, rispecchia molto bene alcune parti del noviziato. Di sicuro c'è il tormento, il dramma, ma manca completamente la dimensione della gioia che si può avere in convento. In fondo, nessun novizio viene costretto a prendere i voti".
Secondo Timi la gioia è presente, anche se non riguarda il percorso del protagonista. "La gioia sta nel fatto che il personaggio interpretato da Fausto Russo Alesi trova il coraggio di affrontare se stesso. Se ne va, ma sorride". Timi confessa di aver vissuto questo film come un'esperienza importante, che lo ha riconciliato con il passato. Precisa anche che i disegni che si vedono nel film sono suoi: "Li facevo quando non riuscivo a dormire". Secondo la teologa, il vero protagonista del film è il silenzio. Secondo Costanzo, che nel frattempo è arrivato, accolto da un applauso scrosciante, protagoniste sono la libertà e la crescita interiore. "La religione, in questo caso, o la guerra, nel mio film precedente  - dice - sono solo pretesti per raccontare un percorso di consapevolezza. Si perde la libertà fisica, ma si ottiene quella morale. In questo cono d'ombra che è il noviziato, essere liberi significa riuscire ad essere umani". Il regista precisa meglio le sue intenzioni. "Essendo io ancora giovane, il percorso che mi interessa è quello della crescita. Non voglio fare furberie commerciali, ma raccontare qualcosa di importante". E il silenzio? "Il silenzio è solo un veicolo - dice ancora - non posso ritenermi un credente, ma se Dio è dentro di noi l'unico modo per ascoltarlo è stare in silenzio. In realtà sono solo gli uomini ad essere silenziosi, ma il film è molto rumoroso. Il mondo è rumoroso".
Per questo la scelta di tanta musica 'over', in contrasto con i rumori e la luce naturale e i continui passaggi di navi dietro le finestre del convento. "Le navi rappresentano il mondo che sta fuori - spiega Costanzo - e anche le musiche sono un'intromissione. La mia scelta è caduta su musiche altisonanti e forti, il contrario di quelle religiose: valzer e marce, che non rispettano l'intimità". Quanto alla misteriosa figura nascosta nell'infermeria, Saverio Costanzo spiega di aver modificato la sceneggiatura.
"Inizialmente doveva essere un novizio malato, ma poi abbiamo deciso di non definirla e lasciarla in sospeso. Nel film prende un'aura di sacralità che ricorda il Cristo e ci sembrava meglio così". Un altro punto poco chiaro è la paura di Andrea nell'entrare. Costanzo afferma che dipende dal personaggio.
"Andrea non entra perché non è capace di guardare la parte più fallibile e malata di sé. Fallisce nell'incontro con la parte debole dell'uomo e resta in un'istituzione che ha potere e non può permettersi di dire che Dio è debole e malato". Saverio Costanzo è in evidente disaccordo con la teologa su come interpretare il film e sugli ordini religiosi. Per suor Roberta ci sono diversi modi di prendere la vita e di scegliere cosa fare della propria libertà. Costanzo sembra scettico. Dal suo tono, mentre afferma di "non giudicare gli ordini religiosi" esce un esplicito giudizio negativo, alimentato dalla frase che viene dopo: "Oggi l'istituzione cattolica sembra sterile. Come se non ci fosse la spiritualità. Non comunica amore, per questo i giovani e, in generale la gente, cercano altrove. Il bacio di Filippo Timi è un bacio d'amore, in risposta al discorso sprezzante del padre superiore".

 
 
 
 
 
 
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