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Speciale del 14 05 2007

 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Speciale

Gianni Amelio e gli spaghetti western

di Carlo Griseri

Torino. In coda, in attesa di assistere alla visione di Dove si spara di più, spaghetti western del 1967 diretto da Gianni Puccini inserito all'interno della retrospettiva 'Queer in the west' durante l'ultima edizione del Torino GLBT (Gay, Lesbian, Bisexual e Transgender).

"State per assistere ad uno dei film più brutti della storia del cinema!". La voce che arriva dalle nostre spalle è quella di Gianni Amelio, aiuto-regista di quella pellicola e di Se sei vivo spara di Giulio Questi, il successivo titolo in programmazione nella rassegna. Amelio era atteso da tutti noi in coda (in quel momento non più di tre persone, al termine circa dieci) come presentatore delle due proiezioni. "Un film così brutto è potuto venire fuori solo perché nessuno ci ha mai creduto veramente, andavano di moda quei film e, con pochi soldi e poche idee, lo si è realizzato". Nell'attesa, che si prolungherà per circa dieci minuti a causa di problemi tecnici, Amelio anticipa a noi fortunati alcune chicche sul film, mirate perlopiù a convincerci a cambiare sala. "Puccini - dice - si starà rivoltando nella tomba: lui ha sempre detestato Dove si spara di più, odiava le pistole e aveva paura dei cavalli, potete immaginare! Girare qualunque scena è stato un incubo per lui, e lo hanno pure fregato perché gli avevano assicurato che il suo nome non sarebbe stato inserito nei titoli di testa (aveva scelto come pseudonimo Jeff Mulligan, inserito solo nei titoli internazionali)". I titoli di testa del film sono, racconta il regista, "tutti falsi per motivi di coproduzione, nessun nome corrisponde a realtà (a parte Puccini!), addirittura vi figura il nome di una signora spagnola che non esiste". 

Dove si spara di più è, in sintesi, la storia di Romeo e Giulietta ambientata nel vecchio west: in California, le famiglie Campos e Mountons (che stanno per Capuleti e Montecchi) sono divise da un profondo odio nato da disaccordi su proprietà terriere e da una lunga serie di angherie e delitti. L'amore tra il giovane Johnny Romeo Mountons e la bella Julieta Campos sarà ovviamente contrastato da tutti e porterà ad una terribile e definitiva lotta. Ma per i due amanti il destino avrà imprevedibilmente in serbo un finale felice. "Le intenzioni volevano essere prestigiose, rifare Giulietta e Romeo nel west! Ma il risultato è stato davvero pessimo… in questo film tutto è fatto male: una pessima recitazione, una pessima regia, pessimo tutto!", prosegue Amelio.

La presenza al Festival GLBT è dovuta ad un aspetto della storia a dire il vero poco evidente: una sottotraccia omosessuale nel rapporto tra lo sceriffo e il capoclan dei Campos. "E' un flashback a raccontare la loro storia: in un conflitto a fuoco ravvicinato, le loro pallottole si erano incrociate ed erano cadute a terra, attaccate tra loro fuse l'una nell'altra", conferma Amelio. "Che idea assurda!"

Finalmente si entra in sala, e Amelio riprende a raccontare. "Il responsabile degli effetti speciali, finito il suo lavoro, volle sapere a cosa sarebbe servito. Quando gli fu spiegato, dovemmo trattenerlo perché voleva spezzare il suo prodotto, era schifato dal doppio senso. Non voleva credere che potesse essere stata pensata una ca**ata così grande!". La storia omosessuale, a dire la verità, non è poi così evidente a film finito. "Mi ricordo - spiega il regista - che adattammo i dialoghi fino all'ultimo momento, anche durante il doppiaggio, perché chi voleva capire capisse ma il film non fosse vietato ai minori. E quando girammo la scena dei due proiettili che si penetrano, c'era chi si sganasciava dalle risate". La cosa più incredibile, però, è che Dove si spara di più incassò moltissimo. "L'equivalente di 8 milioni di euro odierni, una cifra immensa per un film che sarebbe stato meglio non vedesse nessuno!".

Altro discorso invece quello fatto da Amelio sul successivo film in programmazione, Se sei vivo spara di Giulio Questi. "Quello sì è da vedere! E con un cast di tutto rispetto", dice il regista. Tomas Milian, Ray Lovelock (in una delle sue prime interpretazioni), Marilù Tolo: sono loro i protagonisti di questo crudo film che racconta la vendetta di Hondo contro coloro che pensavano di averlo ucciso, motivo per cui scatenerà una guerra privata. La pellicola ha rappresentato l'esordio alla regia di Questi ed è ricordato come un western originale che sconfina spesso nei territori dello splatter. "Un gran film, che ai tempi piacque moltissimo e che tuttora è molto amato e venduto", aggiunge Amelio. "Una sceneggiatura magnifica, con personaggi intriganti e una sana ironia nei dialoghi. Pur essendo completamente senza soldi, riuscì a girare un vero film d'autore (e non volle assolutamente rinunciare al suo nome nei credit)". Se sei vivo spara è stato scelto dal Turin GLBT soprattutto per una scena che non è stata interamente inserita. "Ci fu una sorta di autocensura -  racconta ancora l'ex aiuto-regista, autore anche di uno scritto sul catalogo del festival - che impedì di girarla come Questi avrebbe voluto. La preparammo con scrupolo ma rapidamente perché eravamo a fine lavorazione e oltretutto fuori budget. E' la scena nel cortile del ranch, di notte, coi pistoleros avvinazzati e il giovane Lovelock legato seminudo come San Sebastiano". Al termine della scena Milian avrebbe dovuto liberarlo sparando uno a uno ai vari legacci che lo immobilizzavano, ma prima di ciò "una ragazza alta con lunghi capelli biondi si faceva largo a piedi nudi ballando tra i resti della cena. Muovendosi sensualmente, riusciva a sedurre ed eccitare lo stesso Milian, ubriaco, ma all'ultimo momento si toglieva la parrucca e svelava essere un uomo!". Fu una lite tra regista e produttore a far cancellare la scena. "Ma anche altre fecero quella fine, come quella in cui si doveva capire che Lovelock era stato stuprato dai suoi carcerieri. Questi riuscì però a lasciare alcune battute decisamente rivelatrici ("Guarda con che appetito mangiano, con che sete bevono… e con che occhi scrutano il ragazzo…", ndr). Altro che sottintesi!".

Tra gli altri titolo della rassegna 'Queer in the west' è stato proiettato anche Requiescant di Carlo Lizzani, con un inedito Pier Paolo Pasolini nel ruolo del prete pistolero don Juan.

 
 
 
 
 
 
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